La mission di RITA Studio è quella di divulgare informazioni scientifiche sull’ADHD dell’Età Adulta affinché si accresca la consapevolezza sociale e sanitaria sul tema. I nostri contenuti vengono verificati, revisionati e aggiornati, al fine di riportare le evidenze scientifiche, calate nella realtà italiana, che stabiliscono standard condivisi a livello internazionale. Per fare questo abbiamo deciso di costruire un network che faciliti la connessione tra vari specialistə di tutta Italia e al tempo stesso renda più fruibile la comprensione dei percorsi di cura, avvicinando i servizi alle persone che necessitano di usufruirne.
RITA Studio in tal senso vuole sostenere un percorso già avviato nei Servizi di Salute Mentale italiani prima ancora che ne iniziassimo a parlare. Noi vogliamo contribuire al potenziamento di questo processo in un momento storico in cui riteniamo sia necessario farlo.
Speriamo di riuscirci,
Il Team di RITA Studio
Policy sull’inclusività e sulle scelte linguistiche e lessicali di RITA Studio
Quando abbiamo iniziato a lavorare al progetto, abbiamo scelto di sottolinearne la sua funzione di laboratorio divulgativo. Per noi ha significato voler mandare un messaggio inclusivo poiché la Psichiatria e la Psicologia sono discipline inclusive per natura: le maggiori associazioni internazionali prendono spesso posizioni in merito a questioni che entrano nel dibattito pubblico mantenendo sempre una prospettiva aperta ai cambiamenti sociali e culturali.
Si potrebbe pensare non sia così, vista la storia costellata di definizioni e classificazioni di “Disturbi Mentali” ormai obsolete, ma bisogna ricordare di come un approccio scientifico sempre meno basato su norme morali e sociali (come avvenuto in passato), abbia contribuito alla crescita e allo studio della sofferenza psichica (della mente) in tutte le sue innumerevoli forme. Non è inverosimile pensare che i nostri sistemi di definizione e classificazione diagnostica tra 50 anni si saranno evoluti, così come la nomenclatura dei cosiddetti disturbi. Questa infatti si basa su un modello ampio, quello “BioPsicoSociale”, che descrive la multifattorialità dei disturbi psichici.
Siamo a conoscenza di come molte persone che hanno ricevuto una diagnosi di ADHD preferiscano la dicitura “Essere ADHD” e lo rispettiamo profondamente. Tuttavia riteniamo che le implicazioni politiche, sociali e culturali di tale definizione nel panorama attuale risulterebbe, se usato da professionistə, stigmatizzante, riducendo l’individualità di una persona a una parola che nel suo acronimo comprende la parola “Disturbo” e dunque, una diagnosi.
Le scelte linguistiche rimandano spesso a dei paradigmi di riferimento. Come professionistə è nostro compito e dovere etico fornirvi delle informazioni calate strettamente nella realtà attuale e nella pratica clinica, coerenti con l’organizzazione dei servizi psichiatrici e psicologici italiani.
Nel tempo avremo modo di approfondire il tema della Neurodiversità, che è un termine che useremo poiché scientificamente rimanda a quello di “Biodiversità”, cioè alla variabilità naturale delle caratteristiche di ogni essere vivente. Ci teniamo anche a farvi sapere che il Paradigma della Neurodiversità è stato oggetto di un Editoriale su “Lancet Psychiatry” (una tra le più rilevanti riviste scientifiche) del 2021, sottolineando il movimento della Comunità Scientifica Internazionale in tal senso. RITA Studio, nel suo intento di divulgare la pratica clinica e il suo background scientifico, non ha obiettivi politici, certi di come la Scienza – se ben utilizzata – produca cambiamenti culturali e sociali a prescindere. Per lo stesso tipo di connotazione linguistica, non useremo la parola “Neurodivergenza”, al momento poco rappresentata negli studi del settore.
Secondo questo modello, viene da sé che l’utilizzo della parola ”Disturbo” (e dunque ADH-D, “Disorder”) farà riferimento non alla sintomatologia ADHD bensì ai casi in cui tali sintomi, in virtù della loro numerosità, intensità e pervasività, costellano quello che nel Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali (ed. 5) è una sindrome (ovvero, l’unione di più sintomi) che produce un disfunzionamento nella sfera lavorativa, sociale e relazionale e dunque un Disturbo.
Così come “essere tristi” non equivale ad avere la depressione e “avere l’ansia” non significa avere un disturbo d’ansia, i sintomi ADHD non rappresentano un disturbo in quanto tali, poiché presenti fisiologicamente in tutti gli esseri umani (ovviamente in misura variabile).
Infine, la scelta di utilizzare la schwa (ə) in un ambito delicato e imprescindibilmente inclusivo come quello della salute mentale, ci ha permesso limitare il più possibile i riferimenti di genere. E’ possibile approfondirne il suo utilizzo, sostenuto dalla sociolinguista Vera Gheno, in questo articolo pubblicato sul sito di Treccani.
Tuttavia, nella stesura di alcune pagine, abbiamo spesso riscontrato delle criticità pratiche nell’utilizzo di alcuni termini. L’utilizzo di acronimi e diciture di uso non comune come AFAB, AMAB o “natə femmine/maschi e socializzatə femmine” porterebbe a una falsificazione dei dati a disposizione poiché le categorie di dati a cui fanno riferimento gli studi scientifici si riferiscono al sesso biologico della persona. Sarebbe politicamente corretto (forse) ma fuorviante e non basato sulla realtà dei dati. Per questo abbiamo scelto di mantenere, dove non potevamo fare altrimenti, le parole “maschio” e “femmina”. Man mano che vi saranno più dati a disposizione sulle persone transgender e/o che si identificano in un modello di genere non binario, sarà nostra premura aggiornare le sezioni del sito.
Ultima modifica: 18/09/2022, di Admin